I giovani di oggi sono una generazione senza tutto

 Zygmund Bauman

Sentiamo parlare spesso della condizione socioeconomica che vivono i giovani nati tra gli anni Ottanta e gli anni duemila: uno scenario dove la crisi economica fa da protagonista, dove l’emergenza del precariato ­­è la regola e infine dove anche le posizioni assunte nella società e nelle relazioni sono liquide, fluide e senza una forma stabile.

Baumann, spiega come oggi sia venuta meno la naturale continuità che è sempre esistita tra la generazione dei padri e quella dei figli, intenti da sempre a riprodurne l’esempio o quanto meno a evolversi a partire dall’eredità paterna. La vitalità e la spinta propulsiva erano evidenti già dai nomi dati ai giovani nati dal dopoguerra in poi – baby boom-, ad esempio, quando oggi invece le nuove generazioni – ha sottolineato Baumann- vengono definite con delle lettere, x o y, incognite matematiche che stanno a indicare proprio l’ignoto di un futuro che non risponde più alle potenzialità impiegate dai singoli individui”.

Fatto salvo per alcune eccezioni, la generazione Y,  anche detta generazione del millennio, brancola nel niente. Sono quelli che non hanno la busta paga per il mutuo, che non timbrano i cartellini e che ad ogni concorso, quando capita che ce ne sia uno, si ritrovano in diecimila a partecipare; sono quelli che guidano l’auto dei genitori, quelli che non avranno una pensione e che non possono permettersi di avere dei figli.

Tutto questo, senza riportare altri esempi, è sufficiente per osservare uno scenario in cui nulla appartiene loro e tutto allo stesso tempo è stato duramente ottenuto con lauti sacrifici. Mi riferisco al fatto che questa generazione ha studiato, si è allontanata molto dagli affetti famigliari, inseguendo un lavoro, ma tutto ciò che possiede in realtà proviene dai genitori. Vivono in una dimensione in cui l’autonomia non è concessa, si è sempre legati e dipendenti da mamma e papà, non avviene un completo svincolo che dovrebbe essere un naturale processo del divenire adulti.

Un altro tema caldo dei millennials è quello legato al senso di appartenenza. Immaginiamo lo scenario in cui un giovane adulto di circa trent’anni vive in una città diversa da quella della propria famiglia di origine, ha uno stipendio da libero professionista, paga l’affitto per una stanza, o se è più fortunato per un bilocale tutto suo. Immaginiamo poi che abbia un partner, più o meno nelle sue stesse condizioni economiche e sociali, i due vorrebbero costruire una famiglia, ma le possibilità di gestire autonomamente il carico economico sono limitate. A Natale dove passeranno le loro ferie? Qual è la famiglia del presente­ quindi?

Possiamo continuare sottolineando altre piccole sfumature: per esempio che indirizzo può fornire il giovane per la corrispondenza?  Non sapendo se tra sei mesi domicilierà nello stesso appartamento oppure no, forse sarebbe opportuno quindi fornire sempre e ancora l’indirizzo dei propri genitori.

È come se il quartier generale restasse per sempre la casa dell’infanzia e semplicemente questi giovani vanno in esplorazione, per poi rifugiarsi nell’antica tana.

Il punto dolente è come tutto questo incida notevolmente sulle relazioni: come possono parlare di relazioni stabili, se stabili non lo sono mai stati da soli?

Secondo una ricerca fatta da Eurispes, intitolata “Soprattutto Io. Coppie millennials tra stereotipi, nuovi valori e libertà”, ideata dallo staff de Il Filocolo, i ragazzi dai 18 ai 30 anni vivono l’amore secondo nuovi valori, nuove regole e nuove prospettive. I risultati della ricerca  mostrano come i millennials sono  desiderosi di un amore che li completi  e il matrimonio e i figli diventano miraggi lontani per diversi motivi.

Parliamo di una “generazione senza”, perché qualcosa non mi veniva per descriverla, perché esprimere aggettivi qualificativi era complesso, mi venivamo in mente solo aggettivi squalificativi, come insicurezza, solitudine e inadeguatezza, quindi di una generazione senza sicurezza, senza senso di appartenenza e senza autonomia.

Ma cosa poter fare in questo scenario di senza?

Si può pensare che quando qualcosa è vuoto, può essere riempito, si ha a disposizione tutto lo spazio che si desidera per mettere dentro quello che si può. Uno dei presupposti da cui partire è che le stanze da arredare sono molto diverse da quelle delle generazioni precedenti, quindi magari si può provare a ripensare la possibilità di avere relazioni stabili in un modo diverso e nuovo, cercando quindi di non usare il metro di giudizio e i criteri ormai impraticabili della famiglia del mulino bianco, della stabilità economica e sociale. si può infine non attribuire la crisi alla coppia se la crisi è appunto economica, del precariato e della società.

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