Terapeuta :<<Come stai?>>

Persona :<<Male>>

T. :<< Che cosa significa male? cosa provi?>>

P. :<< Non lo so, non saprei descriverlo, non trovo le parole…>>

Spesso nella stanza di psicoterapia  si arriva perchè si sta male, a volte è molto chiaro il sintomo e ciò che non funziona nella vita della persona, ma nella quasi totalità delle volte non si è consapevoli di quale emozione si sta provando, di dove la si sente ed è infine inaccessibile la possibilità di conferire un nome a ciò che la persona vive.

Iniziamo con il dare una definizione a questo processo di mancata auto-consapevolezza, ovvero  la marcata incapacità di identificare le proprie emozioni: il suon nome è Alessitimia.

L’alessitimia è l’incapacità di discriminare ed esprimere le emozioni, conduce l’individuo a sentirsi confuso e a non considerare attendibili i propri sentimenti. 

la mancanza di parole per le emozioni non rappresenta una categoria diagnostica specifica, ma una dimensione di personalità caratterizzata da due fattori: deficit della consapevolezza emozionale e pensiero operatorio.

il deficit della consapevolezza emozionale è una severa difficoltà a identificare gli effetti somatici derivanti da una attivazione del sistema nervoso;

il pensiero operatorio invece consiste nella riduzione dei processi immaginativi che viene soppiantato da uno stile cognitivo volto a processare le cose basandosi sulla realtà esterna

Quindi ne viene fuori il ritratto di una persona che non sente il corpo, non ha accesso di conseguenza al processo di identificazione dei suoi stati interni e tende ad attribuire significato a ciò che accade basandosi su ciò che suggerisce l’altro esterno a sè.

Molto interessante è uno studio di Taylor (2006) che definisce l’alessitimia come un disturbo importante nella regolazione delle emozioni (disturbo regolatorio primario). Inoltre lo studioso definisce l’alessitimia come una risultante di un trauma o più eventi traumatici e come una conseguenza dei fallimenti dell’attaccamento nella relazione primaria che spesso è caratterizzata dalla diade madre-bambino.

 

Questo disturbo regolatorio primario è una menomazione della capacità di elaborare e regolare cognitivamente le emozioni; ciò comporta alle persone che non riescono a modulare le emozioni in tal senso, lo sviluppo di strategie patologiche, allo scopo di gestire le attivazioni emotive troppo intense: per esempio comportamenti alimentari disfunzionali come abbuffate, condotte di eliminazione, comportamenti autolesionistici, abuso di sostanze, ipersessualità e molti altri sintomi che reiterati nel tempo vanno a concorrere nell’insorgenza di una vera e propria psicopatologia.

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